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 PEDELECafè
 20 anni fa ci lasciava un grande della musica.....
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pallipalli
Utente Medio


Campania


199 Messaggi

Inserito il - 04/12/2013 : 20:00:18  Mostra Profilo Invia a pallipalli un Messaggio Privato
era il quattro dicembre 1993......................
lo seppi dalla radio................che dispiacere immenso
è tutt'ora il mio musicista preferito



http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2013/12/04/news/franz_zappa-72594064/?ref=HREC1-39

baldiniantonio
Utente Master


Lazio


5007 Messaggi

Inserito il - 05/12/2013 : 08:32:44  Mostra Profilo Invia a baldiniantonio un Messaggio Privato
Caro amico
mi hai fatto tornare indietro nel tempo quando ascoltavo " Hot Rats" sul vinile...

utente dal 2007
BH Emotion IBS Xenion 650 Lite Bosch classic
Lombardo Amantea Bosch classic



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Ibla
Utente Master



Sicilia


8532 Messaggi

Inserito il - 06/12/2013 : 13:52:00  Mostra Profilo Invia a Ibla un Messaggio Privato
“Senza la musica per decorarlo, il tempo sarebbe solo una noiosa sequela di scadenze produttive e di date in cui pagare le bollette.”
FRANK ZAPPA






FRANK ZAPPA - HOT RATS (1969)

Quasi esclusivamente strumentale (a parte un breve intervento di Captain Beefheart), per i più nostalgici è il capolavoro di Zappa.
In realtà, la mole colossale e la qualità stupefacente della sua produzione discografica non consentono un pronunciamento
equilibrato a riguardo. Tuttavia, Hot Rats è effettivamente
il frutto più maturo dei primissimi anni (1966/1970) e,
come tutte le incisioni di Frank, vanta tuttora una
prodigiosa resistenza al tempo. Temi immortali
(Peaches En Regalia; Little Umbrellas), sofisticate
aperture jazz (It Must Be A Camel), arrangiamenti
elaborati e avanzatissimi (Son Of Mr. Green Genes),
memorabili gare di improvvisazione con
Sugar Cane Harris e Ian Underwood (The Gumbo Variations).
Su Willie The Pimp,
la sonorità grassa e potente della chitarra
anticipa le lunghe orazioni elettriche
di Shut Up ‘n Play Yer Guitar.
Il remix del 1987 portò alla luce alcune piste
registrate durante le sedute originali,
assenti nella versione Long Playing:
ripristinate nel master definitivo,
vennero incluse nelle successive ristampe CD.
In qualsiasi collezione seria, questo album
non dovrebbe mancare. - B.A.

“Bisogna essere intelligenti per venire a Ibla….ci vuole una certa qualità d’anima, il gusto per i tufi silenziosi e ardenti, i vicoli ciechi, le giravolte inutili, le persiane sigillate su uno sguardo che spia: ma anche si pretende la passione per le macchinazioni architettoniche, dove la foga delle forme in volo nasconde fino all’ultimo il colpo di scena della prospettiva bugiarda. Ibla è città che recita a due voci insomma. Talvolta da un podio eloquente, più spesso a fior di labbra, in sordina, come conviene a una terra che indossa il suo barocco col ritegno di una dama antica”. (Gesualdo Bufalino, La Luce e il Lutto)

La vita è come una bicicletta con dieci velocità. La maggior parte di noi ha marce che non userà mai.
Linus, in Charles M. Schulz, Peanuts, 1950/2000


...La tempesta
primaverile scuote d'un latrato
di fedeltà la mia arca, o perduti. (L'Arca di E.Montale).
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aldon
Utente Medio



214 Messaggi

Inserito il - 07/12/2013 : 01:45:47  Mostra Profilo Invia a aldon un Messaggio Privato
Mi avete emozionato, Hot rats è per me ancora in assoluto uno dei più bei dischi della storia della musica.
Aggiungerei il doppio Uncle meat, altro straordinario capolavoro, eseguito a Bologna nel'78 con band eccezionale tra cui Jean luc Ponty e un pezzo fondamentale della mia giovinezza è fatto!
E' un grande piacere questa condivisione, grazie
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Ibla
Utente Master



Sicilia


8532 Messaggi

Inserito il - 07/12/2013 : 05:10:11  Mostra Profilo Invia a Ibla un Messaggio Privato


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18,87 KB


«Non credo che Elmore James prendesse il suo collo di bottiglia e facesse “reedledee-deedelee-deedelee-deedee” per stimolare la capacità di qualcuno a produrre un cambiamento sociale. Non penso che fosse questo il motivo. E penso che l’idea secondo cui il blues sarebbe una musica “di lotta” sia soltanto una meschinità inventata dalla gente bianca per giustificare il fatto che lo ascoltano. Perchè se c’è una cosa che tutte queste nullità accademiche bianche hanno in comune è che non sanno apprezzare le emozioni! Penso che la ragione della maggior parte di quella roba sia semplicemente che quel tale la voleva suonare e voleva fare quel rumore. Questo è il suo messaggio: ha condensato tutta la sua estetica in quel “reedledee-deedelee-deedee”. Ecco la sua intenzione, e non si preoccupava se qualcuno in una università da qualche parte lo intendesse come una forza propellente del cambiamento sociale.»
FRANK ZAPPA

«Devi capire una cosa: la gente bianca non è indicata dal colore della pelle. Vedi, non sto parlando di pigmenti, ma dell’atteggiamento dei bianchi. C'è un sacco di gente nera che ha assunto un atteggiamento da bianco, e ti dirò, è questo il motivo per cui non c’è più del buon rhythm and blues! Hanno accettato che queste cose da bianchi andassero bene per loro. E' terribile. Non hanno qualche modo migliore per passare il tempo?»
FRANK ZAPPA

«Bene, prima di tutto diciamo che in tutte le situazioni nelle quali si suona una musica orrenda, sostenere che dietro ci sia una funzione sociale aiuta sempre ad avere un elaborato sistema filosofico che la comprenda, per razionalizzare il suo orrore. Questa è stata la mia esperienza con la maggior parte dell’avanguardia.»
FRANK ZAPPA

L’inizio degli anni Ottanta ci ha regalato MTV, e la musica è cambiata per sempre, trasformandosi in un medium video, da audio che era. La musica va consumata attraverso le orecchie, e nessuno me lo toglierà mai dalla testa.

Per sentire qualcosa di positivo a proposito degli anni Ottanta bisognerebbe uscire dalla condizione umana, perché negli anni Ottanta, di condizione umana vera ce n’è stata pochissima, e quella poca non è stata salvaguardata.

L’unico modo di apprezzare gli anni Ottanta è non considerarli affatto.
FRANK ZAPPA



FRANK ZAPPA - FREAK OUT! (1966)

FRANK ZAPPA - ABSOLUTELY FREE (1967)

FRANK ZAPPA - LUMPY GRAVY (1967)

Zappa nutriva una speciale predilezione per questo album così atipico e molti anni dopo, già gravemente debilitato, si riallaccerà ad esso nella stesura del capolavoro (postumo) Civilization Phaze III. La Capitol gli aveva commissionato un’opera orchestrale, finanziando il progetto con 40.000 dollari. In risposta, Zappa realizzò il disco più bello del 1967 - a pari merito con Sgt. Pepper - proponendo un’alternativa radicale e anarcoide al “flower power” della Bay Area. È alquanto arduo spiegare Lumpy Gravy se non si dispone di un’erudita competenza accademica. La perspicacia di Frank ci viene in aiuto. Individuando un’analogia concettuale tra le visionarie composizioni di Edgar Varèse e le sculture “mobili” di Alexander Calder, egli descriveva con acume anche la propria musica: un gioco continuo di pesi e contrappesi, volume e densità, tensione e abbandono. Questa similitudine trova in Lumpy Gravy l’esempio più estremo: un collage impazzito di rumori, passaggi dissonanti, schegge di 20° Secolo, dixieland che sbuca dal nulla, dialoghi tra personaggi reclusi in un pianoforte (!), motivetti cretini, melodie orientali, risate isteriche, nastri a doppia velocità, grugniti, latrati e la sovversiva “sinfonia” che occupa quasi tutta la seconda parte (Lumpy Gravy II). Presi singolarmente, i frammenti del mosaico possono disorientare, ma se si trova la concentrazione per ascoltare il materiale assemblato nel suo insieme, come puro suono, il miracoloso senso dell’equilibrio e la perfezione del disegno generale diventano evidenti. Lo scrittore inglese Ben Watson si spinse a dichiarare che «[…] simply because of its refusal to be measured by any external standard, the album remains one of the great moments of Modern Art […]». Ineccepibile. - B.A.



“Bisogna essere intelligenti per venire a Ibla….ci vuole una certa qualità d’anima, il gusto per i tufi silenziosi e ardenti, i vicoli ciechi, le giravolte inutili, le persiane sigillate su uno sguardo che spia: ma anche si pretende la passione per le macchinazioni architettoniche, dove la foga delle forme in volo nasconde fino all’ultimo il colpo di scena della prospettiva bugiarda. Ibla è città che recita a due voci insomma. Talvolta da un podio eloquente, più spesso a fior di labbra, in sordina, come conviene a una terra che indossa il suo barocco col ritegno di una dama antica”. (Gesualdo Bufalino, La Luce e il Lutto)

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