carlo n
Utente Master
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Inserito il - 19/05/2010 : 07:18:50
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Pedalando dalla guerra all’Europa moderna di Edoardo Sanguineti
Ecco l'ultimo suo articolo apparso su l'Unità 21 maggio 2009
Il Giro del Centenario mi ha portato le sue biciclette, per così dire, in casa. Oh, le biciclette! Con il Tour, con la Vuelta, quanto hanno collaborato a sviluppare il nostro sentimento nazionale, e poi europeo, e poi internazionale! Non voglio dire che il 1909, con la vittoria di Luigi Ganna, abbia deciso del destino di un popolo. E poi, ormai, è il giuoco del calcio che ha sconvolto l'ideologia e la politica, come le conversazioni al bar e gli emblemi spessi delle varie genti. Il Giro è un destino, e il Centenario sottolinea i vuoti della prima e della seconda guerra mondiale e, si voglia o non si voglia, ogni volta ci evoca Milano come la nostra capitale nordica, occulta e alternativa. Oggi, in materia (e preziosa materia letteraria, sovente), c'è una sterminata bibliografia, e ci sono mille antologie e recuperi e ristampe. Le mie biciclette incominciano con mio padre, che mi educa a pedalare per un viale torinese, all'epoca battezzato Oporto, finché io, staccandomi dalla sua protezione, precipito, sbandando, addosso a alcune donne, sedute tranquille a conversare sopra una panchina. (Ma erano «brutte come il peccato mortale», almeno a giudizio del mio povero babbo). A quel tempo, con i primi bombardamenti ancora notturni, la mia famigliuola sbigottita, la sera, rifuggiva dalla città e riparava faticosamente sopra le più prossime colline. L'esperimento fu breve, perché in breve divenne inutile. Si bombardava giorno e notte, ormai, e raramente si cercava un riparo nelle cantine. Per molti della mia generazione, in ogni caso, l'infanzia fu segnata dalle due ruote e dal Giro. E dal 1946 si riprese a discutere senza fine, tranquilli, di Bartali e Coppi. Erano davvero altri tempi. Tempi perduti, e irrecuperabili, per tutti.
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